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nastrino al collo aggiustato come una cravatta. Non parve soddisfatta del nostro arrivo e più semplicemente, poichè l’arrivo del suo consorte legittimo se lo aspettava, dell’arrivo mio. Mi fece appena un segno con la testa e confesso che me ne offesi. Come? Io avevo, se posso dir così, il suo onore nelle mie mani; io m’ero, quel giorno in soffitta, condotto in maniera tanto cavalleresca da sembrarmi, là per là, sciocca addirittura; io avevo taciuto di quell’incontro perfino con mia moglie. E adesso ella mi salutava fredda come se io fossi un estraneo, anzi un importuno?
Voltandomi per discrezione ad esaminare le vetrine del profumiere che dopo tutto assomigliavano a quelle d’un farmacista e perciò mi sembravano familiari, m’accingevo a meditare su quel problema e già lo venivo risolvendo contro me in favore di lei dicendomi che ero per la sua rinnovellata virtù il documento implacabile del peccato dimenticato, quando due apparizioni mi distrassero. Nè potevano essere più contradittorie. Dalla porta sulla strada entrò il colonnello del reggimento di bersaglieri che è di
stanza nella nostra città; e dalla porticina del retrobottega apparve Micáilof, il russo misterioso. Non mi vide? Fece finta di non vedermi? So che strinse la mano al parrucchiere ed uscì senza curarsi di me. Dalla stazione era uscito senza nemmeno un involto; ma dalla profumeria il russo usciva con un’elegante valigetta di cuojo.
In quel punto il sindaco mi presentò al colonnello, un bell’uomo,