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all’igiene; che Nestore fu eletto consigliere provinciale; che l’indomani il commendator Pópoli, spogliato dopo dodici anni della sua sciarpa ed autorità sindacale e così esterreffatto che per un giorno non si rase e per due giorni non uscì di casa, mandò suo fratello a chiedere a Matteo se l’ignoto compratore avrebbe accettato di firmare il compromesso per trentacinquemila. Matteo ripetè trentamila.

Avanti, popolo, alla riscossa! Bandiera rossa, bandiera rossa, Bandiera rossa trionferà! Andarono a cantarglielo sotto casa all’una dopo mezzanotte, punteggiando la strofa con tre sassate ai vetri, così ch’egli pensò di partire per Roma. Ma prima consegnò una procura a suo fratello e questi firmò il compromesso di vendita dell’oliveto, esattamente per lire trentamila. Quod erat demonstrandum. Ma a questo punto, non avendo personali ragioni per condividere il terrore dei miei concittadini, una domanda sopra tutto m’assillava: Cencina, Cencina, già tradita da un capitano, s’era dunque sbagliata volgendosi dopo Nestore socialista a un colonnello di bersaglieri?

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