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Ma quella notte era dal destino consacrata a grandi eventi. E il primo fu per me la vista del commendator Pópoli appena reduce dal volontario esilio, trionfante, seduto in piena luce fuori del Caffè del Corso; e accanto a lui sua moglie, fresca, felice, scollata, che vestita d’un bell’abito color mattone pareva un boccio di rosa in un vaso di terra; e accanto a lei, il colonnello dei bersaglieri sempre così lucido e multicolore che lampade e specchi sembravano messi lì per illuminarlo e riflettere solo lui. Attorno a loro un andirivieni d’ufficiali e di borghesi che commentavano i fatti del giorno. E poichè il resto del Corso coi suoi lumi deboli e rari era bujo al paragone, quei venti metri di folla e di luminaria erano come un’apparizione nella notte o, se il paragone non è irriverente, l’altare fiammeggiante in fondo alla chiesa oscura. Mi fermai anche io per santificarmi in tanta compagnia.
Tutti, al Caffè, parlavano di Bologna, Bologna, Bologna. I giornali di Roma giunti nel pomeriggio