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veste o della blusa, forse per protesta davanti al cattivo esempio, non aveva voluto ritrovare il suo occhiello. E il marito improvvisamente dispotico, voleva che io súbito, là per là, la interrogassi, visitassi ed auscultassi: – Le ascolti il cuore. Cara, apriti un poco la blusa. – E puntuale, poichè il pranzo si avvicinava, egli stesso le faceva cadere nel bicchiere le gocce di noce vomica, e gliele somministrava accigliato, come un giustiziere la cicuta.

Intanto egli m’aveva procurato la clientela di quasi tutti gl’insegnanti di ginnasio e di liceo, così che, anche quando egli partì, Nestore non rimase senza appoggi benevolenti. Qualcuno pagava ma io, s’intende, trovavo tutti i modi possibili per non farmi pagare almeno dagl’insegnanti della classe frequentata da Nestore. Ve n’erano purtroppo d’una sanità implacabile. Mi ricorderò sempre d’un professore di matematica che aveva bocciato Nestore per due anni di séguito. Un giorno mi vidi arrivare in farmacia Nestore, trafelato e raggiante: – Presto, papà. La figlia del professore di matematica s’è slogato un braccio. Son venuti a chiamare il professore mentre era in classe e io gli ho promesso di condurgli te dentro cinque minuti. T’aspetta, t’accompagno io. – M’accompagnò difatti, rimisi a posto e ingessai religiosamente il braccio della figlia. E Nestore passò anche in matematica. Mia moglie che alla mia scienza e professione non soleva attribuire gran pregio perchè di fatto non ci procurava, oltre lo stipendio del Comune,

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