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molto danaro, commentava: – In fondo, queste promozioni di Nestore costano meno a noi che alla signora Elvira la quale per amore di suo figlio fa da sarta, povera donna, alle mogli e figlie di tre insegnanti. – Ma aveva la gentilezza di non fare questi commenti alla presenza di Nestore.

Nestore, le ore che aveva libere da quel suo po’ di scuola, le dava in quelli anni alla meccanica: intendo a quella meccanica pratica e spicciola che va dalla bicicletta alla motocicletta. Io allora non m’impensierivo a veder Nestore limare, tornire, lustrare, ungere ruote, telai, assi, fusi, molle, sfere, e perdere ore e ore a bilicarli e congegnarli. Credevo che fosse una mania passeggera come pei giovanetti dei miei tempi era stata quella dei francobolli usati o delle farfalle con lo spillo. Nè m’avvicinavo troppo a lui quando in una stanzuccia oscura e ragnosa che sta a terreno davanti alla porta della cantina e che puzza d’aceto, di vino e di mosto secondo le stagioni, egli s’affaticava in quell’opere per me misteriose. Non m’avvicinavo appunto perchè di meccanica io, con quasi tutti quelli della mia generazione, non ho mai capito niente, e non volevo offrire a Nestore altre occasioni di vantare la sua pratica contro la mia ignoranza. Ma adesso penso che molti malanni del secolo derivano appunto da questa universale mania per la meccanica e da questa onnipotenza di essa nella nostra vita quotidiana, così che senza un elettricista a portata di mano noi si resta all’oscuro e senza un manovratore sul

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