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passaggio, di borgo in borgo, al rappresentante del Governo del re. E mia moglie correva in cucina a ripetere quelli annunci incessanti. Il deputato viaggiava nell’automobile chiusa che gli aveva data il prefetto, e sul Corso ad ogni staffetta quelli del Caffè, quelli della farmacia, quelli dell’albergo della Luna, e tutti i negozianti, e gli stessi passanti domandavano ansiosi: – Ci sarà lo sciopero? – Verso le sette un plotone di fanteria seguito da un centinaio di curiosi andò a nascondersi nel cortile della Cassa di Risparmio che, come ho detto, ha il suo palazzo su questa piazzetta; e per prudenza richiuse dietro a sè il portone. Alle sette e mezzo apparvero sulla piazzetta quattro guardie regie; e, approfittando della luce che gli lasciava l’ora legale, il fotografo Carlini che s’è stampato sulle carte da visita “corrispondente della Domenica del Corriere”, alzò sul treppiede la sua più bella macchina, puntandola proprio contro la nostra umile porta dipinta di verde dieci anni fa e sulla tabella smaltata che reca in azzurro il mio nome. Mia moglie che alle sei s’era addobbata a festa col suo vestito di velluto nero, alle sette, per consiglio di Nestore, s’era cambiata e vestita più proletariamente di lana. Alle otto meno un quarto un’altra staffetta accorse in bicicletta ad annunciarci che, invece di salire direttamente in città, l’automobile aveva svoltato per la strada di San Marco. Fu un gran colpo, e in cucina fu abbassato il fuoco nei fornelli e su tutti i volti scese una nube. A San Marco, perchè? Tutto era tranquillo a San Marco.

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