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la sua idea sulla necessità, perchè un tribuno sia capace di ben governare, che lo stomaco di lui sia capace di ben digerire; ed esemplificava coi parroci, monsignori, vescovi, che la Chiesa ha sempre voluti di sicura salute e di solido corpo. Si sedette alla sinistra di mia moglie, mentre io di faccia a lui dovetti sedermi alla sinistra della sua, e si trovò sotto gli occhi, dall’altro lato di Giacinta, il povero Filiberti segretario delle Camera del Lavoro che più smunto e fegatoso non potrebbe essere. Con un’agilissima capriola si corresse in un lampo:
— Fanno eccezione i santi. Ma quelli non li nomina la Chiesa, li accetta. Filiberti, ad esempio, sarebbe un santo, non un curato. Quello, scontroso come tutti i tisici, ormai s’era offeso, e non perdonava. Con la vocina fessa rispose: — Tu invece sei un cardinale. Non lo diciamo sempre, Nestore, che i nostri deputati sono i nostri cardinali? Nestore abbozzò un sorriso. Il deputato che già intercalava due cucchiajate di minestra a due sorsi di vino, coprì la vociuccia di Filiberti con la sua tonante cordialità: — Mangiare in casa d’un medico, è la perfetta beatitudine. Si mangia senza sospetti e senza paure. Tutto è sano e salubre, – e continuò svolgendo ampiamente quest’altro tema e ornandolo con alcuni confronti tra la sana onesta cucina del proletariato e la corrotta artefatta cucina dei signori.