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fragile e la mia austerità di padrone autorevole, così come, pur convenendo che proprio le assomigliava, non pensava a far confusioni tra sè stessa e la Madonna dipinta; che anzi ad ogni pasqua le appendeva sotto, pei lucignoli, due ceri nuovi e ogni sera in camicia, ci fosse o non ci fosse il marito, la venerava in ginocchio.
Adesso, mentre scrivo. Margherita canticchia nell’orto dove viene scegliendo la verdura per la mia colazione improvvisata: Te vojo da’ un garofinu incarnatu: Vojo che lu tenete a modu mia. — Margherita.... — Padrone.... — Quando vieni su, portami due rose del viale. — Sono fioriti anche i malvoni. Non c’è ironia. I malvoni sono l’orgoglio di Margherita. Ne ha d’ogni tinta, rossi, rosa, bianchi, viola, d’una statura gigantesca, e d’inverno ne custodisce i semi in tanti sacchetti di vario colore per non confonderli e, appena s’alzano un palmo da terra, li sorregge con un bastoncello e, appena le formiche si provano a farne l’ascensione in fila indiana, ne unge il piede con acqua e petrolio. Ridi, lettore? T’ho detto la mia età, ma t’ho promesso di non nasconderti niente di quel che ti possa ajutare a conoscermi e a giudicarmi, anche male, se così ti piace, perchè sono un uomo come tu sei, se pure, quando mi leggerai,