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294 | poesie. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu{{padleft:312|3|0]]
Dove allor si vedeva a un dipresso,
Innanzi che venisser alle prese,
87La proporzion tra l’uno e l’altro sesso.
Non si temeva allor del mal franzese,
Però che stando ignudo alla campagna,
90S’uno avea qualche male, era palese:
E s’una donna avea qualche magagna,
La teneva coperta solamente
93Con tre o quattro foglie di castagna.
Così non era gabbata la gente,
Come si vede ch’ell’è gabbat’ora,
96Se già l’uomo non è più che intendente.
Che tal par buona, veduta di fuora,
Che se tu la ricerchi sotto il panno,
99La trovi come il vaso di Pandora.
E così d’ogni frode e d’ogn’inganno
Si vede chiaro che n’è sol cagione
102L’andar vestito tutto quanto l’anno.
Un’altra e non minor maledizione
Nasce tra noi di questa ria semenza,
105Che tiene il mondo in gran confusïone:
Quest’è la maggioranza e preminenza
Che vien da’ panni bianchi, oscuri e persi,
108Che pongon tra i Cristian la differenza.
Questa pospone a’ monaci i conversi,
Antepon l’oste a’ suoi lavoratori,
111E dai padron fa i sudditi diversi.
Dove in que’ tempi non eran signori,
Conti, marchesi o altri baccalari,
114Nè anche poveracci o servidori.
Tutti quanti eran uomini ordinari,
Ognun si stava ragionevolmente,
117Eran tutti persone nostre pari;