< Pagina:Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

poesie. 295

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu{{padleft:313|3|0]]

Ciascuno del compagno era parente,
  Se non era parente gli era amico;,
  120Se non amico almanco conoscente.
Credi pur che la sta com’i’ ti dico,
  Che il vestir panni, e simil fantasie,
  123Son tutte quante invenzion del nemico;
Come fu quella dell’artiglierie,
  E delle streghe, e dello spiritare,
  126E degli altri incantesimi e malíe.
Un’altra cosa mi fa strabiliare,
  E sto per dirti quasi ch’i’ c’impazzo,
  129Nè so trovar come la possa stare:
Ed è, che se qualcun per suo solazzo,
  Sendo ingegnoso e alto di cervello,
  132Talor va ignudo, e’ dicon ch’egli è pazzo:
I ragazzi gli gridan: vello, vello;
  Chi gli fa pulce secche e chi lo morde,
  135Traggongli sassi e fannogli il bordello.
Altri lo vuol legar con delle corde,
  Come se l’uomo fosse una vitella:
  138Guarda se le persone son balorde!
E se tu credi che questa sia bella,
  E’ bisogna che in cielo al parer mio,
  141Regni qualche pianeto o qualche stella.
Però se vuol così Domeneddio,
  Che finalmente può far ciò che vuole,
  144I’ son contento andar vestito anch’io.
E non ci starò a fare altre parole,
  Andrommene anch’io dietro a questa voga;
  147Ma Dio sa lui se me n’incresce e duole.
Ma ch’io sia per voler portar la Toga,
  Come s’io fussi qualche Fariseo,
  150O Rabbi, o Scriba o Archisinagoga,

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.