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296 | poesie. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu{{padleft:314|3|0]]
Non lo pensar; ch’io non son mica Ebreo,
Sebbene e’ pare al nome ed al casato
153Ch’io sia disceso da qualche Giudeo.
Io sto a veder se il mondo è spiritato,
E s’egli è uscito del cervello affatto,
156E s’egli è desto, o pure addormentato;
E s’egli è vero ch’un, che non sia matto,
Non arrossisca che gli sia veduto
159Un abito sì sconcio e contraffatto.
Io in quant’a me mi son ben risoluto,
Ch’i’ non ne voglio intender più sonata;
162Mi contento del mal ch’i’ n’ho già avuto.
E perchè non paresse alla brigata,
Ch’i’ mi movessi senza occasïone,
165Come fan quelli ch’han poca levata;
Io son contento dir la mia ragione,
E che tu stesso la sentenza dia:
168So che tu hai giudizio e discrizione.
La prima penitenza che ci sia,
Guarda se per la prima ti par nulla,
171È ch’io non posso fare i fatti mia,
Come sarebbe andare alla fanciulla;
Ma mi tocca a restar fuor della porta,
174Mentre che un altro in casa si trastulla.
Dicon ch’è grave errore, e troppo importa
Ch’un dottor vadia a casa le puttane;
177La togal gravità non lo comporta.
E il veder queste cose così strane
Mi fa poi far qualch’altro peccataccio,
180E bene spesso adoperar le mane.
Onde costor, che si pigliano impaccio
Della mia salvazione e del mio bene,
183Bravan e gridan ch’i’ non ne fo straccio.