< Pagina:Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
298 poesie.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu{{padleft:316|3|0]]

Dove ch’a un Dottor bisognerebbe
  Dargli la mala pasqua col mal anno,
  219A voler far quel ch’ei meriterebbe.
Non so come non crepi dall’affanno,
  Quand’egli ha intorno a sè diciotto o venti,
  222Che per udirlo a bocca aperta stanno.
A me non par egli essere altrimenti,
  Che sia tra’ pettirossi la civetta,
  225O la Misericordia tra i Nocenti.
E n’ho avuto a’ miei dì più d’una stretta,
  E però, Toga, va pur in buon’ora,
  228Vattene in pace, che sia benedetta.
Ma quand’anche un Dottor andasse fuora,
  E ch’andar solo pur gli bisognassi,
  231Come si vede ch’egli avvien talora,
Tu non lo vedi andar se non pe’ chiassi,
  Per la vergogna, o ver lungo le mura,
  234E in simil altri luoghi da papassi.
E par ch’e’ fugga la mala ventura;
  Volgesi or da man manca or da man destra,
  237Com’un che del bargello abbia paura.
Pare una gatta in una via maestra,
  Che sbalordita fugga le persone,
  240Quando è cascata giù dalla finestra,
Che se ne corre via carpon carpone,
  Tanto ch’ella s’imbuchi e si difenda,
  243Perchè le spiace la conversazione.
Se tu vai fuor per far qualche faccenda,
  Se tu l’ha’ a far innanzi desinare,
  246Tu non la fai che è ora di merenda;
Perchè la Toga non ti lascia andare,
  Ti s’attraversa, t’impaccia, t’intrica,
  249Ch’è uno stento a poter camminare.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.