< Pagina:Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

poesie. 299

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu{{padleft:317|3|0]]

E però non par ch’ella si disdica
  A quei che fanno le lor cose adagio
  252E non han troppo a grado la fatica;
Anzi han per voto lo star sempre in agio,
  Come a dir frati o qualche prete grasso,
  255Nimici capital d’ogni disagio,
Che non vanno mai fuor se non a spasso,
  Come diremmo noi, a cercar funghi,
  258E se la piglian così passo passo.
A questi stanno bene i panni lunghi,
  E non ad un mio par, che bene spesso
  261Ho a correr perchè un birro non mi giunghi;
E ho sempre paur di qualche messo,
  O che il Provveditor non mi condanni,
  264Che a dire il vero è un vituperio espresso.
Però, prima che usar più questi panni,
  Vo’ rinunziar la cattedra a Ser Piero,
  267E se non la vuole egli, a Ser Giovanni.
Io vo’ che noi facciamo a dir il vero:
  Che crediam noi però però che importi
  270Aver la Toga di velluto nero?
E un che dietro il ferrajol ti porti,
  E che la notte poi ti vadia avanti
  273Con una torcia, come si fa a’ morti?
Sappi che questi tratti tutti quanti
  Furon trovati da qualcuno astuto,
  276Per dar canzone e pasto agl’ignoranti,
Che tengon più valente e più saputo
  Questo di quel, secondo ch’egli avrà
  279Una Toga di rascia o di velluto.
Dio sa poi lui come la cosa sta;
  Ma s’avessi a dir io il mio parere,
  282Questo discorso un tratto non mi va.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.