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424 capitolo

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E dette luogo al mal voler d’altrui,
  Tosto che vidde com’e’ bisognava
  123Roma perdesse o libertate o lui.
Nè l’almo suo d’altra vendetta armava;
  Solo a la patria sua lasciar non volse
  126Quell’ossa che d’aver non meritava.
E così il cerchio di sua vita volse
  Fuor del suo patrio nido; e così frutto
  129A la sementa sua contrario colse.
Nè fu già sola Roma ingrata al tutto:
  Riguarda Atene, dove Ingratitudo
  132Pose il suo nido più ch’altrove brutto.
Nè valse contro a lei prender lo scudo,
  Quando a l’incontro assai legge creolle,
  135Per reprimer tal vizio atroce e crudo.
E tanto più fu quella città folle,
  Quanto si vidde come con ragione
  138Conobbe il bene e seguitar nol volle.
Milziade, Aristide e Focione,
  Di Temistocle ancor la dura sorte
  141Furno del viver suo buon testimone.
Questi, per l’opre loro egregie e forte,
  Furno e’ trionfi ch’egli ebbon da quella:
  144Prigione, esilio, vilipendio e morte.
Perchè nel vulgo le vinte castella,
  Il sangue sparso e l’oneste ferite,
  147Di picciol fallo ogni infamia cancella.
Ma le triste calunnie e tanto ardite
  Contr’a’ buon cittadin, tal volta fanno
  150Tirannico uno ingegno umano e mite.
Spesso diventa un cittadin tiranno,
  E del viver civil trapassa il segno,
  153Per non sentir d’Ingratitudo il danno.

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