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424 | capitolo |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu{{padleft:444|3|0]]
E dette luogo al mal voler d’altrui,
Tosto che vidde com’e’ bisognava
123Roma perdesse o libertate o lui.
Nè l’almo suo d’altra vendetta armava;
Solo a la patria sua lasciar non volse
126Quell’ossa che d’aver non meritava.
E così il cerchio di sua vita volse
Fuor del suo patrio nido; e così frutto
129A la sementa sua contrario colse.
Nè fu già sola Roma ingrata al tutto:
Riguarda Atene, dove Ingratitudo
132Pose il suo nido più ch’altrove brutto.
Nè valse contro a lei prender lo scudo,
Quando a l’incontro assai legge creolle,
135Per reprimer tal vizio atroce e crudo.
E tanto più fu quella città folle,
Quanto si vidde come con ragione
138Conobbe il bene e seguitar nol volle.
Milziade, Aristide e Focione,
Di Temistocle ancor la dura sorte
141Furno del viver suo buon testimone.
Questi, per l’opre loro egregie e forte,
Furno e’ trionfi ch’egli ebbon da quella:
144Prigione, esilio, vilipendio e morte.
Perchè nel vulgo le vinte castella,
Il sangue sparso e l’oneste ferite,
147Di picciol fallo ogni infamia cancella.
Ma le triste calunnie e tanto ardite
Contr’a’ buon cittadin, tal volta fanno
150Tirannico uno ingegno umano e mite.
Spesso diventa un cittadin tiranno,
E del viver civil trapassa il segno,
153Per non sentir d’Ingratitudo il danno.