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serenata 441

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Ma costei più crudele era che ’l mare,
  Quando da’ venti è tempestato e mosso,
  155E via più dura ancor che ’l ferro pare
  Qual da Norico fuoco è fatto rosso,
  E più che ’l sasso, che fuor non appare,
  Ma stassi ancor sotterra duro e grosso;
  E con parole, e con fatti il disprezza:
  160Tanto era questa donna male avvezza!
Sopportar questo giovin non potette
  Del dolor la lunghezza, e del tormento,
  E lagrimando avanti all’uscio stette
  Della sua donna ripien di spavento;
  165Poi questa voce lacrimabil dette:
  Tu vinci, Anassarete. Io son contento
  Morire, acciò che più tu non sopporti
  I mia fastidj, e vittoria ne porti,
Orna le tempie tue di verde alloro,
  170Trionfa della guerra, ch’io ti mossi:
  Tu se’ contenta, e io contento moro;
  Poi ch’altrimenti piacerti non puossi.
  E poi che non ti muove il mio martoro,
  Come se ferro, o dura pietra fossi,
  175Godi, da che la sorte mi conduce
  A mancare or dell’una, e l’altra luce,
Perchè non ti abbia a narrare altra gente
  Il lieto nuntio della morte mia,
  Tu me vedrai co’ tuoi ochi pendente,
  180Il che maggior contento assai ti fia;
  Prendi, crudel, questo crudel presente,
  Ch’ha meritato la tua villania;
  Ma voi, Celesti, che questo vedete,
  Forse di me qualche pietate arete,

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