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ATTO QUARTO




SCENA PRIMA.


Giardino nel monastero di San Salvatore in Brescia.


ERMENGARDA, sostenuta da due DONZELLE, ANSBERGA.

  ermengarda.
  Qui sotto il tiglio, qui.
  (s’adagia sur un sedile)
  Come è soave
Questo raggio d’april! come si posa
Sulle frondi nascenti! Intendo or come
Tanto ricerchi il sol colui, che, d’anni
Carco, fuggir sente la vita!
  (alle DONZELLE)
  A voi
Grazie, a voi, che, reggendo il fianco infermo,
Pago feste l’amor ch’oggi mi prese
Di circondarmi ancor di queste aperte
Aure, ch’io prime respirai, del Mella;
Sotto il mio cielo di sedermi, e tutto
Vederlo ancor, fin dove il guardo arriva.
- Dolce sorella, a Dio sacrata madre,
Pietosa Ansberga!
(le porge la mano: le DONZELLE si ritirano: ANSBERGA siede.)
  - Di tue cure il fine
S’appressa, e di mie pene. Oh! con misura
Le dispensa il Signor. Sento una pace
Stanca, foriera della tomba: incontro
L’ora di Dio più non combatte questa
Mia giovinezza doma; e dolcemente,
Più che sperato non avrei, dal laccio
L’anima, antica nel dolor, si solve.
L’ultima grazia ora ti chiedo: accogli
Le solenni parole, i voti ascolta
Della morente, in cor li serba, e puri
Rendili un giorno a quei ch’io lascio in terra.
- Non turbarti, o diletta: oh! non guardarmi

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