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Il principe raccontava le proprie impressioni della neve in quell’ultimo viaggio.

— È una rivelazione dell’infinito, disse Tatiana, quel bianco, che nulla può macchiare o esaurire nelle nostre steppe. L’anima russa vi ha attinto forse la sua massima virtù.

— Quale? chiese Loris.

— La pazienza.

— Forse per ciò nessun poeta russo ha saputo cantare l’inverno: la pazienza non può essere che del popolo.

— Se il popolo rimase paziente nella forza del proprio numero, perchè un individuo non lo diventerebbe nella grandezza della propria passione?

Il principe aspettava la risposta, Loris sorrise.

— La passione, aspettando, confessa a sè medesima la propria debolezza, e soccombe generalmente a questa rivelazione. Quando l’orso è davvero affamato, lascia l’agguato per rimettersi in caccia.

— Questa potrebbe riuscirgli molto meno sicura, osservò il principe. Avete mai cacciato l’orso, Loris?

— Non ebbi che fanciullo uno scontro coi lupi nella foresta di Kourlak.

— Quella del tuo castello, Tatiana: la conoscete bene, Loris?

— Me ne rammento ancora, ma la principessa avrà seguitato a cacciarvi, e la ricorderà meglio di me.

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