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Il principe depose sorridendo l’acquerello sul telaio.

— E così? ella si volse improvvisamente a Loris.

— Non potrei, rispose Loris, difendere il vostro quadro, che il principe non si è degnato di chiedervi, se non pregandovi di regalarmelo come un ricordo.

— Vorreste il mio albero? Principe, vedete, non siete stato gentile.

— Intendevo di aspettare che vi dipingeste sopra la neve.

— La vostra freddura è anche più gelida.

Ritornando, Loris nel passaggio di un uscio, baciò improvvisamente Tatiana sui capelli; ella quasi svenne.

Quindi discorsero di Pietroburgo. Tatiana acconsentiva già al disegno del principe, che andava arrischiando qualche parola di cura. Veramente il governo russo era mostruoso d’incuria; nelle campagne mancava ancora ogni servizio sanitario. Il principe con accento grave si abbandonava a critiche, delle quali Tatiana non poteva malgrado la propria intelligenza cogliere tutta l’importanza. Ella pensava già a Pietroburgo, ripresa dal bisogno di vivere e di brillare dopo quella lunga solitudine nel castello, ove si era terribilmente annoiata.

— Quando tornerete a Pietroburgo, signor Loris?

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