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— No, questi ribattè: per ora non sono Loris Nicolaievich Repnine, bensì Monsieur Leon Blondel parigino, maestro di musica e direttore d’orchestra; così almeno abbiamo detto con Kriloff al dwornik.

— Tornato da quando? domandò l’altro, al quale la voce fredda del nuovo arrivato parve imporre rispetto.

— Presentami invece a questi signori, che non ho l’onore di conoscere, e dei quali sono venuto a fare la conoscenza.

Era vestito di un’elegante pelliccia di martora dorata e teneva il berretto di schoner in mano, girando sull’assemblea uno sguardo dominatore. I suoi occhi, di un colore indefinibile in quella luce fumida della stanza, erano pieni d’iridi e di fosforescenze come quelli dei gatti. Pareva assai giovane. I suoi lineamenti femminili, che una tenuissima e rada lanuggine alle labbra e alle guancie non bastava a virilizzare, acquistavano dall’energia dei sopracigli, di un colore più carico e leggermente aggrottati sotto la fronte alta e ripida, una durezza quasi antipatica. La mano, colla quale teneva il berretto, era sguantata, corta e larga, ma secca e nervosa come un artiglio.

Tutti lo fissavano: Olga Petrovna si era alzata involontariamente.

Slotkin gli presentò tutti quei giovani pronunciando semplicemente il loro nome: a quello di

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