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andare ad eccessi ancor peggiori dei primi?» (V. Monti). «Non v’è anima viva che per esser chiamato Gino Capponi non si accomodasse a brancolar come lui.» (G. Giusti). «E pensavano che se il potessero uccidere la cosa fosse spenta.» (Cavalca). «Se io avessi trovato i fuorusciti di quell’animo e di quella prontezza che ei dovevano essere, nessuno negherá che la cosa non fosse successa appunto coni’io m’ero immaginato.» (Lorenzino de’ Medici, Apologia). «Se il Leopardi avesse progredito a studiar la questione, non è improbabile che fosse arrivato anche lui all’unica conclusione logica e possibile» nella prefazione di L. Morandi premessa all’opera del Bonghi: Perchè la leti, ital.., ecc. Talora avviene di usare il condizionale per il congiuntivo. Es. Manzoni, P. S. al cap. Ili, seconda ediz., «M’ha detto che cercassi di affrettar le nozze il piú che potessi»; mentre diceva nella prima edizione «il piú che potrei.» § 2. Riguardo al congiuntivo noteremo come i dialetti, specie quelli dell’Italia meridionale, non usino di solito il congiuntivo. Cosí i Napoletani, anche colti, nel formare la protasi del periodo ipotetico, usano l’imperfetto indicativo invece dell’imperfetto e piú che perfetto congiuntivo: Es. se io sapeva., per se io sapessi. § 3. Yuolsi inoltre avvertire come dopo le particelle se, ove., come, quando^ etc, le quali reggono sempre una proposizione dipendente, sia bene usare l’indicativo quando si affermi o nieghi assolutamente, e il congiuntivo ove abbiasi ad esprimere un giudizio non positivo, una cognizione soltanto probabile o dubbiosa; di che un bellissimo esempio offre Bante nelle parole: Io no?i so ehi tu sii., né per che modo venuto se’ quagyiii; dove sii è congiuntivo, perchè ohi parla ignora assolutamente la persona che gli sta innanzi: se", indicativo, perchè, sebbene ignori la circostanza del come, gli è noto però il i)iú, che la persona a cui volge (|uello. parole è quivi discesa.
Congresso carnale: V. Appendice.
Connotati: da con e notati, in voce di coíitrassc-yiti, faite7,xe [alle futtexxe conte dico Dante) è voce registrata e d<?iruso, specie per indicare que’ contrassegni fisici che nei passaporti servono a determinare una data persona. La Crusca ha fatto benissimo a registrare, pur senza esempi, tale parola. Ma a mio avviso ha torto il Rigutini a dar torto al Fanfani che tal voce riprende.
Come per acque limpide e tranquille, non si profonde che i fondi sian persi tornan de’ nostri visi le postille,
Dante, Par. III.
Molte volte è un senso estetico delle parole e dei suoni che fa sí che un dato vocabolo ci stuoni in nobile prosa.
Console: come termine architettonico è d’uso ancora la nostra parola mensola, ma per esprimere quel mobile elegante sul quale si posano vasi, bronzi, etc, essa cede il posto alla voce console, che è anche nei diz. inglesi. La etimologia di console è incerta.
Consommé: V. Consume.
Consumazione: per indicare genericamente ciò che si consuma in un caffè, cioè una bibita, è parola piú che buona come origine e come forma, soltanto che la nuova estensione alla parola consumaxione non la demmo noi, ma la subimmo dai francesi: consommation. Solito caso.
Consumè: (fr. Consommé, participio passato del verbo consommer, latino consumere) risponde a quello che da noi si dice «brodo ristretto o brodo consumato» come scrive lo Scappi, illustre cuoco del ’500. A ragione osserva il Rigutini non essere improbabile che i francesi abbiano tolto il vocabolo dall’italiano. Di consumato non mancano ottimi esempi, citati dalla Crusca. Vero è che consumato è vocabolo fuor dell’uso, mentre usatissimo è consommé o la forma ibrida consumè, specie nelle trattorie per indicai-e semplicemente il «brodo», spesso tutt’altro cln^ ristretto per l’ebollizione.
Constatare: nella lingua comune è verbo di grande uso, a cui si dá il senso di jírovare con certezza o documento. Sembra piú efiicaco e preciso dei sinonimi stabilire, appurare, verificare, notare, etc. Ricorda il francese constater = établír la verité d’un fait, latino constare. I dizionari in g(Mu>r(^ non lo n^gistrano.