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Alfredo Pancini

vitalitá della favella italiana, cosí genialmente una e varia. Oimè! è una ricchezza che non esce dalla regione e dal parlar dialettale, e molti

scrittori avrebbero riguardo ad usarli come ad andar fuori di casa

senza cravatta. JSTe consegue che il modo francese come piú urbano, pili mondano, piú diffuso, è spesso usato a danno del modo nostro che lo potrebbe sostituire. E ciò che accade pel modo di dire^ a maggior ragione accade per la parola: adoperare la voce unica alla francese è piú facile, ricercare la voce precisa fra le sfumature dei sinonimi è piú difficile; questa, anzi, del trovare il giusto colore nella gran tavolozza dei sinonimi, forma una delle difficoltá dell’italiano: lingua per altre ragioni, facile.

Qual meraviglia se in ciò si manifesta la legge del minimo sforzo, cioè se noi usiamo estensioni, metafore, locuzioni alla francese?

In quanta misura poi concorra una certa nostra indolenza e la preponderanza di un pensiero piú maturo od evoluto nella modernitá che non sia il nostro, non è qui il caso di dire. Oltre a ciò vi sono voci e locuzioni alla francese cosí fuse e connaturate oramai, in cui il pensiero cade cosí spontaneo come ruota entro rotaia, come dente in dentiera, che converrebbe, per evitarli, avere sempre un purista ai lati o fare un tale studio di scelta, incompatibile con la comune coltura e col tempo di cui uno può disporre.

I puristi ebbero torto di non tenere nel dovuto conto queste cose di fatto e questa legge di necessitá, e di nutrire troppa fede nella predicazione della buona italianitá e nell’opera della scuola.

Quasi quasi avrei piú fede in una specie di «lotta per la vita» che moltissime belle parole italiane combattono per non essere soffocate Q).

Yi sono parole italiane cosí belle, alate, luminose, che qualche volta danno delle feroci stoccate alle loro consorelle franco o anglo-italiane:

in questo mio dizionario o me ne compiaccio come di cosa da altri negletta, da me invece amorosamente curata. Ammirevole pure e degnissima di studio sarebbe la comparazione fra i modi di dire delle varie lingue. Quante somiglianze ! Quanta filosofia naturale ! Anche ciò è buon argomento di considerazione per chi sostiene le lingue artificiali.

(’) La scuola estetica, intendi specialmente il D’Annunzio, in questo ebbe alcun merito e azione reale richiamando in onore nobilissime parole nostre ed elevando a maggior decoro l’arte dello scrivere dalla paludosa bassezza e monotonia dei de7)ioeratici dello stile^ come il Carducci chiama con frase troppo scultoria i manzoniani (da non confondere col Manzoni, la cui prosa è un miracolo d’arte e di forza).

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