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il bacio di lesbia | 115 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu{{padleft:117|3|0]] nessun poeta, nessun pittore, o statuario, potrà mai ritrame l’imagine.
Cesare disse questo con tale sorriso che lo schernevole Catullo si senti schernito.
Cesare riprese:
— Mali culices ranaeque palustres avertunt somnos. Io, Cesare, invece, dormo bene lo stesso. Quando i corsari catturarono me giovanetto, dormii tranquillissimo. Ero sicuro che li avrei fatti crucifiggere il giorno seguente, e mantenni la mia promessa. Ma a proposito di zanzare, sentite questa : un mio antenato che era delle parti della Flaminia, fece a sé questo stemma.
E Cesare prese una tavoletta cerata, e con uno stilo rapidamente tracciò un grosso bestione, munito di grandissimo naso.
— Non sono né Zeusi, né Apelle, — disse, — ma si comprende che cosa questo disegno rappresenta.
— È un elefante, — disse Catullo.
— Bene. E adesso state attento.
E qui Cesare con la punta dello stilo tratteggiò attorno all’elefante un nuvolo di bizzarri segni.
— Queste, — disse spiegando, — sono zanzare. Ed ecco il motto araldico di quel mio antenato: «L’elefante non ha paura delle zanzare». Quel mio antenato, sappiate, era un