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il bacio di lesbia 155

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu{{padleft:157|3|0]]Ah, si, la corona di corni!

Via, Catullo ! Non badate a piccole cose. Qui vivit Romae, romano vivit more. Voi vivete nella grande Roma, ma ogni tanto vi rigermogliano in cuore superstizioni, reminiscenze da provinciale della piccola Verona. La dama depone i vostri codicilli, e le ancelle le recano una bella guantiera d’argento, colma di ostriche.

Sarebbe quello che oggi è il tè delle ore cinque.

Ingoia le palpitanti ostriche.

Un sorsetto di vino vesuviano, ogni tanto.

Ostrea saluberrima, dice Galeno. Quelle ostriche col fegato bianco, palpitante nella morte, sono squisite assai. La dama, coi dentini, le stacca dalla conchiglia di madreperla, e inghiotte quella freschezza di mare e l’assolato petto ne è consolato: ne inghiotte cento e poi cento, e non le fanno male.

Che peccato che Galeno sia vissuto più tardi al tempo del saggio e giusto imperator Trajano! Quel grande medico vi avrebbe potuto dare, o Catullo, preziosi avvertimenti, tanto per la vostra salute corporale, quanto per la vostra salute spirituale. Non è vero che lei abbia un cuore di pietra. È un perfetto cuore dentro quel suo cofano di carne alabastrina. È un cuore che alterna con sincronismo la diastole

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