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XXIV

DE PROFUNDIS

«L

a nostra Lesbia da noi tanto amata, dunque, non è esistita, non esiste. Oppure è morta. La sua bara sta dentro il nostro cuore.

Per questo, o Signora, vi mandiamo a dire che Catullo è morto. Quel Catullo che voi conducevate dove volevate voi, non esiste più. Mai più, mai più tornerà a voi».

Cosi diceva Catullo a Catullo; e queste sono cose serie, molto serie.

Dunque voi, domina vereconda, luce mia, voi, o candidezza, ve ne andate giù per il fiume acheronteo, come Saffo cinta di viole, e più indietro non tornerete. Una vii femina ha preso la vostra persona. Esiste invece e vive questa invereconda che mi ha rubato i codicilli miei e non me li vuol dare indietro. O Lesbia profumata, o rosa di verziere, dove sei tu? Tu sola esisti, tremenda lebbra delle libidini. Non ti guardar nello specchio, o Catullo! Il tuo viso, già cosi dolce e umano, va cambiando sembianza. Tu sei tutto, come lei, una immonda libidine. Le Muse sono volate via.

Prendi un coccio, una selce, un coltello: ra-

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