Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
200 | alfredo panzini |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu{{padleft:202|3|0]] pudica, né potrei cessare di amarti se tu fossi più infame di quello che sei».
— Questo non è vero niente, — mormorava lei.
Un bigliettino terminava cosi: «Non cesserò d’amarti anche se tu facessi ogni brutta cosa », e un altro biglietto diceva: «Come è possibile, Lesbia, che io ti maledica, che mi sei più cara di tutti e due i miei occhi? Non lo potei per il passato, né lo potrei per il presente, cosi pazzamente ti amo. Però tu con quel vigliacco di Toppone ne fai di brutte cose!».
— Che infame!
Un altro codicillo diceva: «Lesbia parla, sparla sempre di me. Io morirei se lei non mi amasse. Come lo capisci? Da me stesso. Io la maledico sempre. E il giorno che io non l’amerò, quel giorno io morirò».
E ancora: «Tu, o dolcezza mia, mi proponi questo delizioso amore: non ci staccheremo mai l’un dall’altro. O Dei del cielo, fate che lei sia sincera, che prometta il vero! Io e lei condurremo tutta la vita sotto un patto santo di eterna amicizia».
Era questo il biglietto che lei cercava, e glielo voleva far vedere a proposito di Attis. E poi le viene in mano quella poesia:
Settimillo tiene fra le sue braccia Acmena.. |