< Pagina:Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
226 alfredo panzini

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu{{padleft:228|3|0]]— Andiamo via di qua? Eja, Camilo, è l’ora! Hora sine dolore. Si salpa, Catullo. Catullo, fanciullo. Strade molte, strade varie! Chi dalla terra materna parti, nella terra materna ritornerà.

Allora il sole fiammeggiò.


Il libro delle Metamorfosi di Ovidio non è poi cosi folle come si crede. Lì è detto che Camilo fu veduto negli Elisi beati con le tempie incoronate dall’edera della giovinezza, e che Clodia, per tanto pregare di lui, fu trasformata in Lesbia. È diventata proba e pudica, mette in ordine i codicilli del suo poeta. I vecchioni severi non ci trovano nulla da dire a quelle lepidezze, a quelle amarezze. Anche Cesare ascolta la canzone di Settimillo che tiene su le ginocchia la dolce Acmene.

Noi cosi imaginiamo e vogliamo imaginare che i morti, se non tutti, qualcheduno, qualche volta, risponda.

Bellaria, ottobre 1936.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.