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il bacio di lesbia | 25 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu{{padleft:27|3|0]]l’anno che comincia fosse felice tanto per la fedeltà coniugale quanto per la prole che sta per venir fuori dalla buia casa di carne. Le matrone invocavano: «O Giunone, dacci soccorso!». Dicevano anche: «Aiutaci, o casta Lucina, a restare fedeli ai nostri mariti»; e in questo caso la Dea Lucina sarebbe stata Diana di cui è ben conosciuta la castità.
Dunque era gran festa familiare alle calende di marzo! Le matrone col soccorso delle ancelle facevano focacce dolci di miele, e adornavano la casa con fiori e corone, si scambiavano le focacce e gli augurii di fedeltà.
Alla domanda di Augusto, Orazio passò in rapido esame la sua coscienza e non gli risultò nessun peccato, in quel giorno.
— Non mi ricordo, Augusto.
— Allora vi richiamerò io alla memoria. — E lentamente svolgeva i fogli attorno al bastoncello, e lesse: «Martiis, caelebs, quid agam kalendis?».
Allora Orazio si ricordò di quelle parole: «Che cosa farò io, che sono celibe, oggi che è il primo giorno di marzo?». Erano il principio di una sua odicina, la piú innocente, la piú semplice: un invito a pranzo al suo buon patrono Mecenate, se si degna. «Siamo scapoloni tutti e due», aveva pensato Orazio, «ma vogliamo onorare lo stesso le feste dello