< Pagina:Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
66 alfredo panzini

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Il bacio di Lesbia.djvu{{padleft:68|3|0]]— Nell’anima! — rispose Catullo. — È impura se dice: «io dormo sola sola »? Tutto il creato, luna, pleiadi, notte fanno corteo alla passione della creatura umana. Non sentite dama, il profumo della purità in questi versi? Se avete sale e lepore, se siete cari alle Muse, sarete puri e casti: ma se le Muse vi voltan le spalle, sarete empii e sacrileghi, cantaste anche poemi in lode agli Dei.

Qui Catullo si accese di ira improvvisa contro i poeti e proferì parole anche in quei tempi sconvenienti: irrumabo vos...

Uno sguardo della dama lo richiamò.

Cicerone era turbato alle inurbane parole.

— Dèsine, sodes —, disse —, o iracunde Catulle.

Catullo ritornò in sé: guardò con quelli occhi incavati la donna: si fissò nel grembo di lei, e disse: — Voi potete essere vergine e madre, perché in voi si innesta il fiore delle generazioni.

— In verità voi non siete — disse la dama —, come il mio buon amico Suffeno. Vedetelo li come è elegante, educato e amabilmente idiota. Fa venire risme su risme di carta regia da Alessandria, e più ne consuma e più gode e più si contempla. Ha fatto una raccolta di tutti gli epitheta ornativi, da decorare volumi di poesia.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.