< Pagina:Panzini - Il mondo è rotondo.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 90 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Il mondo è rotondo.djvu{{padleft:102|3|0]]un ammassarsi oscuro di uomini. Poi sentì il percuotere sul selciato delle scarpe ferrate, poi lampeggiò una bandiera, poi vide le trombe, poi i profili degli elmetti. Passava l’esercito, passava e svoltava. Allora Beatus ricordò che quella era la Via Emilia, quello in fondo l’arco romano, quello presso di lui il piedestallo di Cesare.

«Ecco, dopo venti secoli — pensò Beatus — che i soldati d’Italia passano con l’elmo di ferro davanti a te, o Cesare!»

Beatus non vide la guerra immane; vide soltanto la forza ordinata d’Italia: l’esercito che passava.

Un brivido gli corse nel cuore; e voleva gridare: Evviva!

Ma i soldati passavano muti, e la gente del popolo che si veniva formando a semicerchio, lì dove i soldati svoltavano, era pur muta. Ma era una paurosa mutezza. Un uomo presso Beatus levò il braccio con disperazione; una donna proferì: «Poveri figli di madre!»; un’altra donna gettò, contro il vessillo che passava, parole di una sua grande sconcezza.

Beatus, che avrebbe voluto accostarsi ai soldati, non osò. Aveva paura di vedere i

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.