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Capitolo VII.

L’acquazzone.

Beatus Renatus lasciò il dì seguente verso mezzodì l’ospitale albergo di Pasquà.

L’afa incombeva grande, e l’azzurro del cielo, pur senza una nube, aveva un offuscamento di tenebre.

Beatus trovò una cosa rarissima nel 1918; un angolo soffice nel diretto; e appena il diretto si mosse, trovò un’altra cosa rara per lui: il sonno!

Ma dopo un tempo che egli non riuscì a determinare, si destò. Il sole era scomparso. Già notte? Qualcosa ruinava, schiantava: bombe da aeroplani austriaci?

No, un nubifragio.

Il cielo era — come gli uomini — in preda a un accesso di follia. Lampi e tuoni inseguivano il treno; ondate di pioggia lo schiaffeggiavano.

La pioggia penetrava dai lati, dal soffitto, dal pavimento.

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