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sentati col nudo cognome. Ma quel nudo cognome voleva anzi dire, illustre, o già stato
illustre o in via di diventare illustre.
Più soggezione gli davano le signore, benchè fossero tanto gentili. Ma che brutta abitudine avevano quelle signore, quando gli parlavano, di venirgli a parlare sì da presso da sentirne il fiato in bocca!
Allora invece di essere sciolto, e ridere, e parlare anche lui, si impietriva in una serietà precoce e dolorosa. «È inutile; è perchè sei tìmido», gli diceva una voce di dentro. «Non è vero — rispondeva lui a quella voce — , non è perchè sono tìmido». Era perchè egli vedeva nella donna qualcosa, che è proprio della donna, che derideva la sua costumata giovinezza maschile. E quando anche ragionavano di alcuna grave questione, gli pareva che quella tal cosa pur sorridesse.
Ma le signore forse non si accorgevano di tutte queste complicazioni.
Per fortuna, a disimpegnarlo un po’ , c’era quella testolina sentimentale di giovane donna con la quale conversava quasi alla buona.
— Lei conosce l’amore? — gli aveva domandato.
— Non ancora, signora.
— Oh! — aveva ella risposto con stupore,