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mani hanno dalle nostre idee democratiche

latine formato un organismo ammirevole e degno di seria considerazione.

E vi dirò in confidenza che, al principiar della guerra, quasi mi compiacqui della fiera lezione di cose che i Germani, dalle teste ubbidienti, impartivano alle teste delle nostre democrazie, buone a muovere i mulini a vento dell’utopia; e come i Torrechiara militarono sotto Carlo V, io non avrei reputato disdicevole rispondere all’eribanno del Cesare germanico; Quando non si può essere signori, non è disdoro confessar di esser buoni vassalli.

Così dicendo, parve al marchese di aver proferita cosa gravissima. Sospese il suo dire e attese dal suo ascoltatore una obbiezione.

Aquilino nulla disse, e il marchese proseguì:

— Ma da quei primi giorni ad oggi il mio pensiero si è venuto cambiando.

Ma che cosa è successo nel popolo germanico? Quale follia di grandezza lo sconvolge? Ah, questa follia ha una spada, e che spada!

Noi non siamo più, come per lo innanzi credevo, di fronte alla guerra, doloroso fenomeno delle umane competizioni. E le democrazie occidentali commisero il grave errore di logica nell’ammettere tutte le ambi-

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