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Capitolo XXI.
La vita è un’amarezza.
Il palazzo del conte Cosimo, dove Aquilino si recò come fu giunto in quella città, era una costruzione massiccia di altri tempi, da cui spirava un’ineffabile aria di abbandono. Un gran portone; e dopo, un grande atrio; e dopo l’atrio, un cortile con i muri rivestiti di vecchie edere.
Non c’era portinaia, non trovò nessuno. Finalmente venne chi gli indicò a quale campanello doveva suonare.
— Ah, sì — gli fu detto — , il signor conte stava tanto male!
Fra breve sarebbe venuto il castaldo. Aquilino aspettò, e quegli venne. Ma non fece buona cera, e confermò che il signor conte stava molto male.
— Che male?
— Dicono, mal di cuore.
— È a letto?
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