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Una lama cilestrina, addormentata nella perpetua pace dell’essere, sorrideva in fondo all’orizzonte.
Le dame e Bobby si additavano il mare, le vele.
Aquilino chinò la fronte per non vedere. C’erano dei cipressi. L’automobile oltrepassò. Poi s’arrestò presso il dazio. Allora convenne anche ad Aquilino vedere e parlare. Davanti a lui si ergevano le vecchie mura di quella città in cui era vissuto, e dove certo esisteva ancora la casetta di mamà.
Il rallentare dell’automobile, un rombo chiuso fra le case, avvertì che erano entrati nella città.
Oh la sua misera città! I rari passanti si volgevano con lungo sguardo verso la grande vettura ondeggiante. Erano ancora quelle donne chiuse nel sciallo nero; era la stessa antica miseria, un po’ indolente, un po’ sudicia. L’automobile era una visione di forza e di bellezza in quell’inverno.
— Ci sarà, è vero, un caffè? — domandò donna Bàrbera.
Allora Aquilino si ricordò del caffè dei signori, dove timidamente entrava per comperare un’offella da un soldo. E indicò al conduttore.