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sollevò. Aquilino potè spingervi miss Edith;

poi lui.

Erano in salvo.

Un grosso uomo, che era quello che aveva sparato, disse: — Se la sono cavata abbastanza bene.

— Ah, caro signore — disse Aquilino con effusione — lei ci ha proprio salvati.

— Io non sono nè per la guerra, nè contro la guerra — disse colui — , ma quella è stata un’aggressione.

Aquilino si guardò attorno. Erano nell’atrio d’un alberghetto. L’uomo, l’albergatore, aveva una faccia risoluta e forte. Miss Edith pareva come fuori di sè.

Il cappellino non c’era più, i guanti nemmeno, la borsetta smarrita, le vesti.... In che stato le vesti di miss Edith!

— E adesso? Ah, il mio braccio, — esclamò Aquilino: — credo proprio che me l’abbiano stroncato.

— Zitto! — fece l’albergatore. S’accostò alla porta. Stette in ascolto: — Sono ancora lì, gli amici!

Calci violenti e grida contro la porta.

— Ma le guardie? — domandò Aquilino.

— Hanno altro a che fare le guardie! Per la teppa sono sere d’oro, queste.

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