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Aquilino da quel giorno entrò in grande orgasmo. Quello che più lo stupiva non era la cosa in sè, per quanto agli occhi suoi essa apparisse meravigliosa; ma la inverosimiglianza per lui era che per un bimbetto si potesse spendere tanto.

Era quasi preoccupato della borsa di quella buona signora.

E da giovane accorto e saggio, volle prendere informazioni. E non fu difficile. Quella signora era rimasta una settimana all’hôtel grande; ed era una vera grande marchesa, con un gran pennacchio indiamantato in cima alla testa, una gran borsa d’oro, una gran padronanza. Aveva un’automobile da far paura. Fra lei e quelli che eran con lei, la spendeva cento franchi al giorno come ridere. Ordinò, per due giorni di seguito, il pranzo per le sette, e tornò coli’ automobile, tardi. A veva già pranzato; e il pranzo preparato fu messo nel conto e la marchesa non fiatò.

Ed Aquilino, dopo queste eloquenti documentazioni, non si preoccupò più della borsa della marchesa; ma della esistenza di tanta signoria, in questo mondo di tante miserie.

Ed allora, accompagnata da un biglietto del conte Cosimo, mandò alla marchesa una lettera che era un capolavoro.

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