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50 | dalla padella nella brace |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Lepida et tristia.djvu{{padleft:128|3|0]]tra me; e la mia compagna aveva interrotto la colazione e tremava come una foglia.
In quel punto la voce dell’ostessa disse dall’alto:
— Vengano a vedere, signori!
Salimmo su. E ci prese per il braccio, ci spinse alla finestra e indicando un punto lontano dalla parte del bastione, sclamò festosamente:
— Li han presi, li han presi! Vedono?
— Chi?
— 1 banditi! fossero almeno tutt’e tre! — sospirò poi. — Di qui non si vede se non un gruppo di gente.
— Dove?
— Là, guardi in direzione di quel grosso olmo sul poggio: vede un gruppo di gente? E il delegato con i suoi uomini, e c’è il mio figliuolo, e poi degli altri: li vede?
— E i carabinieri perchè ci vanno incontro? — domandò la mia compagna.
— Per dar man forte, ora che non ce n’è più di bisogno, i poltroni. Da qui a mezz’ora saranno qui.
Dalle capanne intanto di Monte Coronaro alcuni gruppi di gente si staccavano, e tutti movevano a quella volta. L’oste venne dove eravamo noi e disse alla sua donna:
— C’è anche Sbircio: li hanno acchiappati tutt’e tre, meno male: io non lo distinguo, ma il garzone che ha la vista buona, ha detto che c’è anche lui.
— Che il Signore sia benedetto! — sclamò la donna.
— A me della taglia di mille franchi che tocca al mio figliuolo
— e sacrosanta! — confermò il vecchio.
.... non importa un bel niente: voglio far tanta carità
e dir tante messe; ma m’importa che abbiano catturato quell’infame dello Sbircio....
Anche noi ci sentivamo liberati da un gran peso, e la vecchia guida sorrideva dalla contentezza.