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la seconda disillusione 149

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Lei (languidamente) Quando saremo a Bologna?

Lui. Presto, cara mamma, perchè ogni istante ci avvicina.

Il signore allora si levò, smosse le tendine, sporse fuori il capo: e il sole con violenza quasi materiale invase lo scompartimento.

— Ecco il santuario di S. Luca, lassù — disse il signore arrischiando il capo dal finestrino — fra poco ci siamo a Bologna.

— Dov’è San Luca? dov’è? — sclamarono all’unisono mamma e figlio, e si precipitarono al finestrino.

— Lassù, su quel poggio!

San Luca, con la cupola, spiccava sul colle nitidamente, in una trasparenza solenne di oro.

— Bologna, alma mater studiorum — sclamò il giovane — patria di Irnerio e della mortadella: io non l’ho veduta, ma deve essere deliziosa.

Un’ombra nel frattempo verde, dolce, fonda, intercettò i raggi solari e la vista di S. Luca: il treno fuggiva lungo una interminabile fila di azzurri pioppi, che formavano parete e sono così belli e così aerei nel dolce pian dell’Emilia!

Ritornarono al loro posto: solo la signorina non si era mossa, e i pioppi sfilavano elegantissimi, rabbrividendo nelle sensibili foglie alla fuga del treno.

Il giovane a quella vista declamò e cantò come per conto suo:

  O alti pioppi che tutto vedete,
  Ditene adunque Biancofiore ov’è?
  Siede in riva a un bel fiume, o il colle varca
  Ai crin tessendo suoi un serto di fior....

E questi versi li diceva con bella voce: una voce squillante e metallica, con un’intonazione quasi di canto e di cantilena rapsodica che richiamava alla mente imagini eroiche.

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