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172 | i cinque pulcini |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Lepida et tristia.djvu{{padleft:250|3|0]]al console di là e non si è saputo niente: ci davano certe risposte lunghe per dire che non sapevano un bel niente.
— Sapete, buon uomo, come sarà? — disse uno dei più faceti fra quei bevitori gagliardi.
— Sì, dite pure.
— Ecco: se è un anno, come dite, che è partita, quando sarete laggiù, troverete un sesto figliuolo. Già cinque o sei per voi deve essere lo stesso.
— Speriamo di no, caspita! — disse bonariamente l’uomo.
— Speriamo pure, caro, ma vedrete che è così come vi dico. A tutte le donne che vanno in America, l’aria del paese fa questo effetto: noi qui del porto certe cose le sappiamo. E se le donne, laggiù, non trovassero l’aria buona per mettere al mondo degli altri figliuoli, come si farebbe con tutti quelli che muoiono quando si imbarcano gli emigranti? Il mondo finirebbe. Vi pare?
— Speriamo che non sia come voi dite, e tutto ciò, sempre con la grazia di Dio — ripetè il buon uomo.
— Bravo! con la grazia di Dio si fa tutto.
⁂
Un po’ per volta gli avventori se ne andavano, augurando la buona fortuna e il buon viaggio.
— Sì, grazie, grazie, buona sera, buona sera! — diceva ad ognuno il padre di quella numerosa prole — e adesso andiamo di sopra, figliuoli, oh sì, andiamo. Aspetta che ti porto che cadi giù dal sonno, vero? — e il più piccino se lo prese sotto il braccio come quando era arrivato, e tutte e cinque le paia di scarpe risalirono e fecero risuonare la scaletta di legno.