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214 | divagazioni in bicicletta |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Lepida et tristia.djvu{{padleft:292|3|0]]E pone questa sua pultiglia a mensa dinanzi a’ frati, che non è porco in terra di Roma si affamato che n’avesse mangiato».
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O lieta follia: o ebrezza intensa di fede! O ascetismo giocondo e laborioso quale solo poteva albergare nella serenità di un’anima italica! O povertà gioconda più di ogni fortunata ricchezza!
Vanno per il mondo gli umili frati beneficando e bene operando, di ogni rito o dogma felicemente ignoranti fuorchè della legge di Cristo e di S. Francesco.
E frate Ginepro, ancora, quando vede qualcuno che fosse mal vestito ed ignudo, si toglieva la tonaca e il cappuccio della cappa e davala al povero. E allora il guardiano gli comandò che per ubbidienza non desse a nessun povero tutta la tonaca.
Ora frate Ginepro imbattendosi in un povero che era quasi ignudo, questi gli domandò elemosina per amor di Dio.
E fra Ginepro con molta compassione gli disse: Io non ho se non la tonaca; ma io non te la posso dare per la obbedienza del mio Prelato; ma se tu me la cavi di dosso, io non ti contraddico.
Non disse a sordo; che subito codesto povero gli cavò la tonaca e se ne va con essa lasciando frate Ginepro nudo.
Tornato al convento, fu domandato dove era la tonaca. Risponde: «Una buona persona me la cavò di dosso e se ne andò con essa».
E frate Egidio voleva vivere affaticandosi corporalmente e con allegro cuore caricava sulle spalle la legna senza mercede a servizio altrui, e aiutava a cogliere le ulive e a pigiare il vino ai lavoratori. E quando si segava il grano, andava con altri poveri a cogliere le spi-