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l'uomo grande e la donna piccola 231

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Le sue poche lezioni all’Università costituivano un avvenimento.

Quest’uomo era anche un oratore soggiogante: preciso, semplice, freddo, scientificamente nuovo e puro. Eppure quella sua voce cavernosa e melodiosa avea delle profondità vibranti, delle sonorità di denso oro, come un organo di cattedrale. I rapsodi omerici che cantarono di re Ettore, dovevano aver quella voce! Quella voce guidava a comprendere giù, dove voleva lui, dove la mente degli uditori mai non sarebbe arrivata.

E perciò quell’uomo scientifico suggestionava come un poeta o un profeta. Era un minatore del pensiero.

Ora, perchè non tenere delle conferenze? perchè non exploiter queste facoltà con una tournée all’estero, negli Stati Uniti, sotto la guida di un impresario, e ritornare con un mezzo milione? Così pensavano molti uomini positivi.

Tutti questi e molti altri discorsi non giungevano — io credo — sino alle orecchie del prof. Maini e della sua signora; per tante ragioni, fra le quali questa: abitavano molto in alto.

Abitavano un appartamento su l’estremo piano di un palazzo immenso di marmo, grande e vario come una città: l’osservatorio astronomico.

Abitavano tanto in alto che lassù non arrivava nessuno dei volgari rumori della via; si spegnevano a mezz’aria. Ma invece vi arrivavano i raggi delle stelle e dei pianeti che pareano da quell’altitudine risplendere più chiari e maggiori che non sogliano al comune dei mortali.

Di lassù, per mezzo di meravigliosi e colossali istrumenti materiali, che si volgevano con un dito, l’anima

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