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Cirillino e Cirillina 177

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— Attenda.

Finalmente arriva Biagino: timido, scalzo, grondante di sudore.

Io mi rivolgo esclusivamente a lui e gli parlo con eloquenza così:

— Bravo, Biagino! Io ti ho osservato da questa mattina; e ti ho visto falciare. Il babbo tuo è alla guerra, e tu falci i campi per lui, tu maneggi con le gràcili bràccia di giovanetto la pesante falce paterna. Sei dunque forte, laborioso, costante. Bravo! Tu lavori e ti conquisti la vita nella tua giovinezza; e l’avvenire e la vita e la libertà dèvono essere di chi si conquista, giorno per giorno, la vita. Ma chi, cresciuto nei privilegi della ricchezza e degli agi, ignora i suoi più elementari doveri, mèrita di morire povero, scalzo, stracciato, servo, vilipeso. Bravo Biagino. E questo è per te!

Così dicendo, levai di tasca una bella moneta lucente da due lire e la donai a Biagino, pìccolo bifolco falciatore.

Questa fu la parte del mio discorso che Biagino mèglio capì. Arrossì di giòia, prese la moneta, fece uno sgambetto e se ne andò.

Ma Cirillino, che certo aveva letto le vite eroiche di Cornelio Nepote, avrebbe dovuto capir tutto. Lo guardai. I suoi occhi erano innocenti. O la sua mente non era capace ancora

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