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Il topo di biblioteca | 13 |
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— Il dottor R*** c’è?
— C’è, ma non so se possa ricevere.
— Portate, portate questo, — e diede il biglietto di visita.
La donna scomparve: il Professore rimase solo nella stanza, bianca, nuda, soffocante dal calore e dall’odore dell’etere: nel mezzo, su di una lastra di vetro, sorgeva un apparecchio, e dentro l’apparecchio era fissato un coniglio, vivo, scorzato e sanguinante sul mezzo del cranio. Fulai rabbrividì.
— Entri pure: riceve, — disse la donna. La donna tornò al lavoro del coniglio.
Nel salottino attiguo dove entrò, il Professore vide il giovane elegante dottor R*** che si levava dal suo tavolo e diceva:
— A che debbo l’onore, signor Professore?...
Il Professore mostrò, per sorridere, tutti i denti bianchi. Volle parlare stando in piedi. Aveva un gran convulso.
— Un caso strano, — disse, — egregio dottore, un caso da romanzo, anzi da novella fantastica. (Proprio quello fra i generi letterari, per cui il signor Professore nutriva il maggior disprezzo.)
Egli dovette ben raccontare tutto, e tutto era giustificatissimo quando si pensi che i topi gli avevano rosicchiato quel prezioso incunà-