< Pagina:Panzini - Signorine.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
206 Signorine

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Signorine.djvu{{padleft:208|3|0]]mi amò, egli mi supplicò: «amatemi, e io scriverò cose non mai dette». Infelice! A ventisei anni era esausto. Poi la paura! Un poeta che scrive un poema «Prometeo», e ha paura di sua madre, e mi dice: «mia madre non vuole. Va, per carità, va e cammina!» No, signora Felicetta, l’uomo non sa amare. Oh, quanto è preferibile alla sorte di noi povere donne l’ape regina!

La signora Felicetta sapeva accomodare i calzoni, sapeva fare le confezioni, sapeva fare i rosoli, ma non sapeva quello che fa l’ape regina.

Glielo spiegò la dama.

– L’ape regina – disse – quando ha fatto il suo volo d’amore, ordina alle api operaie di uccidere i maschi. Del resto così fecero le grandi imperatrici, le grandi regine coi loro amanti. Io non posso sopprimere l’uomo. Ebbene mi sopprimo io: un piccolo colpo, tac, così, contro il cuore.

La bella dama così dicendo, levò dalla borsetta a maglie d’oro un piccolo gingillo col manico di madreperla.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.