< Pagina:Panzini - Signorine.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
:: Il tramonto della virtù 41

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Signorine.djvu{{padleft:43|3|0]]

Parlò allora il vecchio e disse: — Voi siete ben crudeli verso colei che ha per suo solo capitale la sua bellezza, e quanto poco duri, voi ben sapete! Ella semplicemente, viene incontro a noi e si uniforma a noi. Essa gioisce della nostra gioia; soffre del nostro soffrire. La sua degenerazione, è la nostra degenerazione: la sua affermazione della vita come piacere, è la nostra affermazione della vita come piacere.

Ai miei tempi la donna, anche mondana, ostentava il mimetismo della virtù. Oggi la donna, anche onesta, ostenta il mimetismo di quello che una volta si chiamava vizio. Così operando, ella sa di farci piacere. Amici, amici! Voi avete proclamato la virtù cosa stolta. Può darsi: ma finchè voi dicevate virtù cosa nobilissima, la donna poteva portare docilmente il nobile peso: ora dite virtù cosa stolta, e la donna non è poi così stupida da far lei da cireneo.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.