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il trionfo di nadina 111

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Trionfi di donna.djvu{{padleft:115|3|0]]che quando è aperta fa da finestra, tre camerette e la cucina. Un pergolato di campanelle, arrampicanti sulle cannucce intrecciate a losanghe, ride davanti la porta e veste quella umiltà.

Come risero di gioia in quel giorno dell’arrivo i fratelli di Nadina quando seppero che quel sole, quel mare, quella spiaggia era loro proprietà: la proprietà del buon Dio! come si sbandarono per le dune del mare a bere il sole!

— Ma il cappello, Giulio, ma tu, Rina, l’ombrellino — aveva detto Nadina in sull’uscio e in gran faccende per mettere a sesto la dimora.

— Lasci andare, signorina, il sole presso il mare non nuoce.

Un uomo che passava aveva detto così, assai dolcemente.

— Ma un’insolazione, signore, è presto presa. Qui non c’è medico, non c’è farmacia, siamo donne sole....

— Il sole vicino al mare — replicò l’uomo — è buono, buono come questa spiaggia: non tema, li lasci correre liberamente.

E l’uomo si era allontanato togliendosi nel salutare un suo gran cappello di paglia bianca.

Quell’uomo in ogni altro luogo fuorchè in quella spiaggia dove i bimbi e anche le giovanette andavano scalze, molti giravano in semplice accappatoio, le signore avevano abolito l’uso dei cappelli — sarebbe parso assai strano.

Sandali francescani ai piedi nudi, un abito di

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