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il trionfo di nadina 161

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Trionfi di donna.djvu{{padleft:165|3|0]]paura: e gli specchi rifletterono le due commesse che accorrevano pronte a difendere la meravigliosa veste perchè le mani di Nadina non la sgualcissero. Con mani febbricitanti, convulse, cercava di togliersela di dosso.

— Ma perchè? ma cos’è questo? — chiese stupefatta a tal mutamento improvviso Mrs. Evelyne.

— No! — urlò Nadina.

— Ma vi sta benissimo — insinuò la dama.

— Deliziosamente — dissero in coro le due commesse con voce accorata.

— No!

— Ma voi allora siete impazzita! — concluse Mrs. Evelyne.

— No!

Questo era avvenuto: Gli occhi di Nadina, volgendosi da quell’estatica contemplazione, avevano scorto, reietto, buttato in un canto del tappeto, da lei stessa buttato in un canto, il suo abitino nero che portava sempre e, presso, il piccolo Petrarca.

Era l’involucro dell’anima sua, era l’anima sua!

E allora l’anima che doveva morire in Nadina, aveva supplicato: «no! non farmi morire, fammi amare, fammi vivere nella purità a nella luce del sole!»

Si chinò, raccolse quelle lievi vesti reiette che si stringevano in un pugno; raccolse quel piccolo libro, ignoto a quelle genti barbariche, ove tanta gentilezza antica, ove tanto adorno

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