< Pagina:Panzini - Trionfi di donna.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
220 i trionfi di eva

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Trionfi di donna.djvu{{padleft:224|3|0]]

Comunque si consideri la cosa essa era pur sempre sconfortante, e spiega la ragione perchè io me la pigliassi ancora con l’Arte, idolatrata e perseguitata invano da me con così fremebondo amore. L’Arte, pura Iddia, no, non porge come le femmine le mammelle alle labbra del prof. Gaudenzi e de’ suoi pari perchè se ne abbeverino, suggere egli non può per difetto di Natura che non volle: ma il vibrione si è attaccato in qualche parte e succhia sangue e impingue e ingrassa e ne fa adorna sè, la moglie, la casa. Egli specula, egli sa trarre frutto dal cimitero delle Muse!

O morto nella miseria e nella disperazione, tu, o Foscolo che rendesti la spada alla Fortuna fra le britanniche nebbie grige; tu, Tasso, anima di luce e di sole all’ombra perfida del cenobio; tu, Leopardi, sperso nel sogno del verde prato dell’asfodèlo lontano; e voi tutti eroi del pensiero, nobili api che formaste il miele della vita; rosignoli che così dolcemente cantaste da far obliare ai tetri umani il dolore e il mistero; viole e rose, che diffondeste senza mercede il profumo su questo immane sepolcro della terra, voi.... voi pur giovate ai vivi dell’età pratica, maledetta fra le età.

Il vostro cimitero dà frutti a costoro!

Costoro, gli squallidi alchimisti, fanno analisi e filtri del vostro pensiero, del vostro cadavere: contano le parole che voi avete adoperate, o

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.