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il trionfo di puccìn | 257 |
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— Dunque la bambina sta bene?
— Puccìn adesso sta benone.
— E chi è questo Puccìn?
— La sua bambina. Noi l’abbiamo sempre chiamata così: Puccìn!
Così infatti: Da Giuseppa, Giuseppina: da Giuseppina, Beppa, Beppuccia, Puccia, quindi maschilizzando come suole talora il popolo i nomi di donna, era venuto fuori un villereccio Puccìn.
Tutto ciò adesso era chiarissimo, e spiegava ad Almerigo Crosio il perchè e il vero significato di una parola ricorrente in quelle perfide epistole, parola di cui aveva rinunciato a comprendere il senso, cioè Puccìn.
— Benissimo, benissimo — fece Almerigo Crosio — oh, che forse è stata ammalata?
— In fin di vita.
— E non mi avete scritto niente? — domandò Almerigo Crosio levandosi in piedi con volto adirato.
— Come? Io non le ho scritto niente? Io ho scritto tutto — disse Piero Medici liberandosi a fatica dalla poltrona, in piedi anche lui.
Il volto sbarbato di quel villano esprimeva una così schietta indignazione che Crosio tacque.
— Noi abbiamo scritto tutto — ripetè Piero Medici con voce trionfale — e li aspettavamo di giorno in giorno perchè venissero a vedere la loro bambina. Abbiamo colpa noi se loro non sono venuti?