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il trionfo della penna d’airone 73

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Trionfi di donna.djvu{{padleft:77|3|0]]oppone sia schiacciato!» Sprigionavano scintille d’odio dalle sue parole.

Quando la folla si dileguò, Leo taceva.

Col capo chino, pareva sorpreso egli stesso della sua violenza e parea domandarsi:

«Perchè mi sono lasciato vincere? perchè ho parlato così?»

E fu allora sotto i portici solitari, mentre le nubi nere trascinavano via il giorno e la pioggia, che Regina, toccandogli la mano ardente, gli chiese:

— Ma perchè questo odio? lei cui la fortuna assiste e l’avvenire sorride?

Era, vero: esistevano dei giacimenti di odio nell’anima sua, generata da uomo e da donna. Poteva essere l’effetto dei calzoni corti e delle invariabili colazioni di pane e salame che rimontavano nauseabonde alla gola. Sì! Giacchè si ha un bel gridare: «Viva la sobrietà!» ma in fine secca vedere della gente che mangia tartufi e fagiani sotto i vostri occhi, impudentemente! Poteva essere il ricordo della sua avvilita e dolorosa adolescenza in otto anni di collegio. Anzi, era! Ma sopra tutto era l’orgogliaccio soffocato, l’ambizione spasmodica, erano tutte le idre che fanno nido nell’animo dei nati dall’uomo e secernono e laborano il rodente veleno dell’odio. Ciò che Cristo non volle! Se Leo fosse stato uno dei tanti rimasti schiacciati nell’attrito della vita, idra e veleno sarebbero periti insieme. La miseria

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